Giacomo Balla
Frequentata dapprima una scuola serale di disegno e poi l’Accademia Albertina, a Torino Giacomo Balla lavora per il litografo Pietro Cassina e per il fotografo e pittore Pietro Paolo Bertieri, che gestiva un rinomato studio frequentato da intellettuali e artisti fra cui Giuseppe Pellizza. Orfano di padre, nel 1895 si trasferisce con la madre a Roma, dove le sue ricerche si orientano alla moderna pittura divisa. Inserito nel fervente ambiente culturale e artistico della città, stringe amicizia con Giovanni Cena, Duilio Cambellotti, e Serafino Macchiati. Ospite di quest’ultimo – illustratore a Parigi dal 1898 – si reca nella Ville Lumière nel 1900, visitando l’Exposition Universelle e approfondendo la conoscenza della pittura impressionista, neoimpressionista e secessionista nonché delle recenti sperimentazioni cronofotografiche. Tornato a Roma nel 1901, si dedica all’insegnamento, introducendo gli allievi – fra cui spiccano Gino Severini, Umberto Boccioni e Mario Sironi – alla pittura divisionista sull’esempio di Pellizza. Nel 1903 partecipa alla Biennale di Venezia e nel 1909 al Salon d’Automne di Parigi. Spinto dall’interesse già maturato in Francia per la riproduzione degli effetti della luce artificiale, aderisce nel 1910 al futurismo, firmando il Manifesto dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista e orientando la sua ricerca ad una rappresentazione sintetica delle forme in movimento di matrice astratta. Nel 1915 sigla con Fortunato Depero il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, che propone di estendere l’estetica futurista a tutti i campi dell’arte, per sottoscrivere ancora nel 1929 il Manifesto dell’aeropittura. Già dagli anni Venti, e con continuità negli anni Trenta, torna alla figurazione.