Gino Severini
Nato a Cortona e stabilitosi con la madre a Roma nel 1899, Gino Severini matura in città la sua decisione di diventare pittore. Impegnato a lavorare per mantenersi, riesce comunque a seguire i corsi serali in una scuola di disegno, apprendendo i primi rudimenti. Nel 1900 conosce Umberto Boccioni, stringendo con lui una salda amicizia sancita dai comuni interessi culturali e artistici. Grazie al sostegno economico del prelato tortonese Lorenzo Passerini, agli inizi del secolo può dedicarsi esclusivamente all’arte, iscrivendosi alla Scuola del Nudo e all’accademia diretta dal pittore francese Fernand Sabatté. In questo periodo entra in contatto con Duilio Cambellotti, Sergio Corazzini, Giovanni Cena e Giacomo Balla, reduce dal viaggio in Francia, di cui Severini e Boccioni divengono allievi. I due mutuano dal maestro la tecnica divisionista e si aggiornano sulle novità d’oltralpe, dipingendo i primi quadri d’ispirazione impressionista e postimpressionista. Nel 1904 Severini esordisce all’annuale degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. Nel 1905, respinto, è presente, con Boccioni e altri, alla Mostra dei Rifiutati nel ridotto del Teatro Drammatico Nazionale. Nell’ottobre del 1906 si trasferisce a Parigi. Nel 1908 espone al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne. A Montmartre frequenta Amedeo Modigliani, Suzanne Valadon e Maurice Utrillo, Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Raoul Dufy, Georges Braque, Pablo Picasso e altri artisti, poeti e intellettuali protagonisti della bohème. In questa fase la sua ricerca è caratterizzata da una scomposizione cromatica ardita, prossima a Paul Signac, già prodromica dei successivi sviluppi. Tanti sono i ritratti d’eco simbolista in cui forte si avverte ancora la lezione balliana. Con Boccioni, Balla, Carlo Carrà e Luigi Russolo, l’11 febbraio del 1910 firma il Manifesto dei pittori futuristi, e l’11 aprile il Manifesto tecnico della pittura futurista. La permanenza in Francia e i costanti rapporti con l’Italia fanno di Severini il tramite tra le istanze cubiste e futuriste, rielaborate nel peculiare linguaggio che informa le opere della prima collettiva futurista parigina, apertasi nel febbraio del 1912 alla Galleria Bernheim-Jeune. Nell’aprile del 1913 Severini inaugura la personale alla Marlborough Gallery di Londra, replicata in estate alla berlinese Der Sturm. Nella seconda metà degli anni Dieci il suo stile vira verso un cubismo sintetico non esente da suggestioni puriste, soprattutto applicato al genere della natura morta, per poi orientarsi ad un risoluto recupero della volumetria che trova conferma nell’adesione a Valori Plastici (1919), nella redazione del testo Du Cubisme au Classicisme (1921) e nella partecipazione a due mostre milanesi di Novecento Italiano (1926 e 1929). Dagli anni Venti si volge alla decorazione murale per la committenza privata e religiosa, licenziando una serie di importanti cicli ad affresco e mosaico in cui prevale una figurazione potente di magiche atmosfere metafisiche.